A cura di Pasquale Salvatore, Gianluigi Bizioli, Marco Ruzza e Alessandro Arace
Il regime impatriati è stato introdotto dall’art.16 del D.lgs 147/2015 (Decreto internazionalizzazione) con l’obiettivo di incentivare, attraverso l’esclusione dalla base imponibile di una parte del reddito prodotto in Italia, il rientro nel territorio italiano di contribuenti residenti ai fini fiscali all’estero che abbiano maturato fuori dai confini nazionali una qualificazione delle proprie competenze professionali.
Rispetto alla sua formulazione originaria, le modifiche intervenute fino ad oggi al dettato legislativo originario, oltre ad ampliare la platea dei potenziali beneficiari estendendo di fatto i requisiti soggettivi, hanno semplificato l’accesso, ampliato la durata di applicazione – prevedendo la possibilità, al soddisfacimento di specifici requisiti, di esercitare l’opzione per la proroga di un ulteriore quinquennio del regime agevolativo – e introdotto percentuali di abbattimento del reddito maggiori al verificarsi di determinate condizioni previste ex lege.
Nella sua formulazione attuale, possono accedere al regime speciale i lavoratori a prescindere dal grado di qualificazione e/o specializzazione, gli imprenditori e i professionisti che trasferiscono la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2 del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, che non sono stati residenti in Italia nei due anni d’imposta precedenti il già menzionato trasferimento e si impegnano a risiedere in Italia per almeno due anni. È altresì richiesto che l’attività lavorativa sia prestata prevalentemente nel territorio italiano
Il reddito di lavoro dipendente, quello ad esso assimilato, quello di lavoro autonomo o d’impresa prodotto in Italia dai soggetti che rispettano i requisiti di cui sopra, non concorre alla formazione del reddito complessivo in misura del 70% ovvero del 90% in specifici casi.
La durata di applicazione del beneficio è di cinque anni a partire dal periodo d’imposta in cui il soggetto trasferisce la residenza fiscale in Italia con la possibilità di estensione per un ulteriore quinquennio laddove ricorrano determinati requisiti.
Lo schema di decreto legislativo in attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale, attualmente in discussione in Consiglio dei ministri prevede, tra le altre cose, un’importante revisione, in senso restrittivo, delle regole che disciplinano l’accesso e la fruizione del “regime impatriati”.
In sostanza si punta a rimodulare i requisiti soggettivi e le modalità applicative prevedendo:
- l’applicazione di un limite al reddito agevolabile della persona fisica pari a seicentomila euro;
- la riduzione della percentuale di abbattimento del reddito da lavoro prodotto in Italia nella misura del 50% in luogo degli attuali 70% o 90%;
- l’incremento del requisito temporale di residenza estera prima del trasferimento in Italia dagli attuali due periodi d’imposta a tre;
- la modifica al periodo per cui il lavoratore si impegna a risiedere fiscalmente in Italia, dagli attuali due a cinque periodi d’imposta, pena la decadenza del beneficio e l’obbligo di restituzione delle imposte non versate, maggiorate di sanzioni e interessi.
- l’accesso all’agevolazione solo al personale maggiormente qualificato e in possesso di titoli di studio più elevati, anziché all’intera platea di lavoratori come fino ad oggi previsto.
- l’introduzione del requisito di svolgimento dell’attività lavorativa in Italia in virtù di un nuovo rapporto di lavoro con un soggetto diverso da quello presso il quale il lavoratore era impiegato all’estero prima del trasferimento, nonché diverso da quelli appartenenti al suo stesso gruppo.
Le nuove disposizioni troveranno applicazione nei confronti dei soggetti che trasferiscono la residenza fiscale in Italia a decorrere dal periodo d’imposta 2024. I soggetti che possono considerarsi fiscalmente residenti in Italia nel periodo d’imposta 2023 continuano ad applicare il regime impatriati in base alle disposizioni previgenti.
La durata di applicazione del beneficio è limitata al periodo d’imposta in cui viene trasferita la residenza fiscale in Italia e nei quattro periodi d’imposta successivi, di fatto abrogando la possibilità di estensione per un ulteriore quinquennio.
In attesa del parere del Parlamento e della successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, non è stato reso noto se verrà prevista una disciplina transitoria per i soggetti già trasferiti in Italia nella seconda parte del periodo d’imposta 2023, prima dell’entrata in vigore delle nuove regole, i quali acquisiranno la residenza fiscale solo a decorrere dal 1° gennaio 2024.
Tuttavia, secondo quanto dichiarato venerdì 20 ottobre dal Viceministro delle Finanze Maurizio Leo, la modifica della norma sembrerebbe non riguardare coloro che risultano iscritti all’anagrafe della popolazione residente in Italia entro il 31 dicembre 2023.
In attesa di una modifica al testo normativo, che al momento fa invece esplicito riferimento al requisito della residenza fiscale, sarebbe in tal modo salvaguardata la posizione di chi ha trasferito la propria residenza in Italia nella seconda parte dell’anno, senza però aver maturato i requisiti per essere considerato fiscalmente residente in Italia nel 2023.
Il decreto sulla fiscalità internazionale interviene, inoltre, sui criteri di determinazione della residenza fiscale. Per le persone fisiche viene specificato il concetto di “centro degli interessi vitali”, definito come luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari.
Le nuove disposizioni portano a ritenere prevalenti le relazioni personali e familiari ai fini della determinazione della residenza fiscale, relegando di fatto in secondo piano la sfera legata agli interessi di natura economia e lavorativa (nonostante questo fosse il criterio privilegiato dalla giurisprudenza di legittimità).
Let’s Talk
Per una discussione più approfondita ti preghiamo di contattare:
PwC TLS Avvocati e Commercialisti
Partner
PwC TLS Avvocati e Commercialisti
Of Counsel
PwC TLS Avvocati e Commercialisti
Director