Contributi di solidarietà temporanei: le novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2023

A cura dell’Energy Team

La Legge 29 dicembre 2022 numero 197 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2022 (di seguito “Legge di Bilancio”) prevede, tra l’altro, l’introduzione di un contributo di solidarietà di carattere temporaneo per il 2023 a carico di determinati soggetti operanti nel settore energetico (art. 1 commi da 115 a 119 della Legge di Bilancio) in ragione dello straordinario aumento dei prezzi nel settore energetico (di seguito anche “Nuovo Contributo”).

Il Nuovo Contributo trova la sua fonte ispiratrice nel contributo di solidarietà temporaneo europeo previsto dal Regolamento UE 2022/1854 del 6 ottobre 2022 (di seguito “Regolamento UE”), pur discostandosene per diversi aspetti, come di seguito descritto.

Per i nostri primi commenti al Regolamento UE, si rimanda alla newsalert disponibile al seguente link: https://blog.pwc-tls.it/it/2022/10/07/pubblicato-il-regolamento-dellunione-europea-che-introduce-un-contributo-di-solidarieta-a-carico-delle-imprese-operanti-nel-settore-fossile/).

Altra novità contenuta nella Legge di Bilancio (art. 1 commi 120 e 121) riguarda le modifiche al “Contributo di solidarietà contro il caro bollette”introdotto, per l’anno 2022, dall’art. 37 del Decreto-Legge del 21 marzo 2022 n. 21 (di seguito anche “Precedente Contributo”).

I due contributi in commento condividono sicuramente la finalità ed alcuni presupposti applicativi ma si distinguono sotto molteplici punti di vista. Di seguito si analizzano le principali novità introdotte in proposito della Legge di Bilancio.

Il Nuovo Contributo

Ambito soggettivo

Sono tenuti al pagamento del Contributo i soggetti che:

  • esercitano nel territorio dello Stato, per la successiva vendita dei beni, l’attività di produzione di energia elettrica, che esercitano l’attività di produzione di gas metano o di estrazione di gas naturale, dei soggetti rivenditori di energia elettrica, di gas metano e di gas naturale;
  • esercitano l’attività di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi;
  • importano a titolo definitivo, per la successiva rivendita, energia elettrica, gas naturale o gas metano o prodotti petroliferi o introducono nel territorio dello Stato detti beni provenienti da altri Stati dell’Unione europea.

È stato espressamente previsto che il Contributo è dovuto solo se almeno il 75% dei ricavi del periodo d’imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 derivi da una delle attività sopra indicate. Questo requisito soggettivo, che trova la sua origine nel Regolamento UE 2022/1854, introduce di fatto un parametro obiettivo per evitare che il Contributo risulti dovuto anche dai soggetti che svolgono una delle attività di cui sopra solo in misura residuale e/o accessoria.

Non sono tenuti al pagamento del Contributo coloro che svolgono l’attività di organizzazione e gestione di piattaforme per lo scambio dell’energia elettrica, del gas, dei certificati ambientali e dei carburanti, nonché le piccole imprese e le microimprese che esercitano l’attività di commercio al dettaglio di carburante per autotrazione (identificata dal codice ATECO 47.30.00).

Di fatto, ad oggi, l’ambito soggettivo di applicazione dei due contributi risulta coincidente, eccezion fatta per le attività individuate dal codice ATECO 47.30.00, per le quali è applicabile unicamente il Nuovo Contributo.

Merita segnalare che l’alveo dei soggetti passivi dei due contributi di ispirazione domestica è significativamente più ampio rispetto a quello del Regolamento UE. Quest’ultimo, infatti, prevede che il contributo sia dovuto solo dai soggetti che svolgono attività nei settori dell’estrazione, della raffinazione del petrolio o della fabbricazione di prodotti di cokeria di cui al Regolamento (CE) n. 1893/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio.

Base imponibile del Nuovo Contributo

Il Contributo è calcolato applicando un’aliquota del 50% alla quota del reddito complessivo IRES per il periodo d’imposta antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2023 (i.e. generalmente 2022) che eccede per almeno il 10% la media dei redditi complessivi IRES conseguiti nei quattro periodi d’imposta antecedenti a quello in corso al 1° gennaio 2022 (i.e. generalmente 2018, 2019, 2020 e 2021). Nel caso in cui la media dei redditi complessivi dei quattro periodi d’imposta sia negativa si assume un valore pari a zero.

Pertanto, il Contributo non risulta dovuto dai soggetti il cui reddito complessivo IRES del 2022 eccede, per meno del 10%, la media dei redditi complessivi IRES del quadriennio precedente (2018-2021). Laddove invece l’incremento ecceda il 10%, è ragionevole sostenere che la base imponibile del Contributo debba coincidere con la quota del reddito complessivo 2022 eccedente tale soglia. Le principali considerazioni che emergono dall’analisi della struttura del Nuovo Contributo sono le seguenti:

  • la modalità di determinazione della base imponibile del Nuovo Contributo diverge dalla modalità di calcolo del Precedente Contributo per l’evidente riferimento al reddito complessivo IRES (anzichè ai saldi risultanti dalle LIPE);
  • ai fini della determinazione del Precedente Contributo, l’incremento del 10% sembra assumere rilievo esclusivamente come soglia di riferimento per determinare l’assoggettamento al Contributo: in caso di incremento almeno pari al 10%, il Precedente Contributo risulta dovuto e non sembrerebbe operare nessuna “franchigia” con la conseguenza che l’intero incremento (e non solo la quota di incremento eccedente il 10%) corrisponde alla base imponibile (sempreché superiore ad Euro 5 milioni);
  • il reddito complessivo del 2022 che eccede per almeno il 10% la media del reddito complessivo IRES del quadriennio precedente opera, in conformità alle indicazioni del Regolamento UE, sotto due profili. In primis, serve ad individuare i soggetti tenuti al versamento: essi sono solo coloro che hanno realizzato un’eccedenza superiore al 10% rimanendo invece esclusi coloro che hanno realizzato un’eccedenza pari o inferiore al 10%. In seconda battuta, serve ad individuare la base imponibile del Contributo che, appunto, è pari all’importo che eccede il 10% rispetto alla media del quadriennio precedente. Da notare che il parametro del 10% previsto a livello nazionale è dimezzato rispetto all’incremento minimo previsto dal legislatore europeo (pari al 20%). Ciò, evidentemente, da un lato amplia il numero dei soggetti tenuti al versamento del nuovo Contributo e, dall’altro, ne dilata le loro basi imponibili. Ciò nonostante, il legislatore italiano ha considerato il nuovo Contributo una misura “equivalente” a quella prevista dal Regolamento UE;
  • il reddito rilevante ai fini del Nuovo Contributo è “il reddito complessivo determinato ai fini IRES”. La Relazione tecnica stima il gettito derivante dal contributo facendo riferimento al reddito riportato nel rigo RF63 della dichiarazione dei redditi, il quale non tiene conto della deduzione ACE e dello scomputo delle perdite fiscali derivanti dai periodi d’imposta antecedenti; 
  • la presenza di un consolidato fiscale non sembra avere alcun impatto ai fini della determinazione del Nuovo Contributo che, di conseguenza, dovrà essere liquidato da ciascun soggetto passivo in funzione del proprio reddito complessivo IRES;
  • la Legge di Bilancio prevede espressamente che il Nuovo Contributo è indeducibile ai fini delle imposte sui redditi ed IRAP;
  • diversamente dal Precedente Contributo, in relazione al quale è previsto che nessun importo è dovuto qualora l’incremento non ecceda Euro 5 milioni, la determinazione della base imponibile del Nuovo Contributo non è soggetta ad alcuna franchigia o limite assoluto.
Aliquota del Nuovo Contributo ed introduzione del “cap”

L’aliquota del Nuovo Contributo è pari al 50% e risulta essere significativamente maggiore sia dell’aliquota del 33% prevista dal Regolamento UE sia dell’aliquota del 25% prevista per il Precedente Contributo.  

Tuttavia, si prevede che l’ammontare del Nuovo Contributo non può eccedere il 25% del patrimonio netto esistente alla data di chiusura dell’esercizio antecedente a quello in corso al 1° gennaio 2022 (i.e. generalmente il patrimonio netto esistente al 31 dicembre 2021). Si introduce pertanto un vero e proprio “cap” che potrebbe essere giustificato dalla volontà di evitare un significativo “depauperamento” del patrimonio dei contribuenti (che potrebbe avere conseguenze negative, ad esempio, sulla loro politica di investimenti o ricadute occupazionali). Si evidenzia, inoltre, che nessun “cap” viene previsto dal Regolamento UE.

Meno immediato risulta invece capire quale sia la motivazione sottostante alla scelta di assumere il patrimonio netto alla data del 31 dicembre 2021 (per i contribuenti con anno solare), considerato che esso rappresenta da un lato un valore contabile (mentre la base imponibile ai fini del Contributo guarda al reddito complessivo IRES) e dall’altro un valore temporalmente antecedente rispetto all’annualità con riferimento alla quale si determina l’eccedenza rispetto agli esercizi precedenti (in altre parole, il patrimonio netto 2021 non comprende il risultato economico del 2022 il quale senz’altro impatta sulla determinazione del reddito imponibile IRES 2022).

Ulteriori considerazioni

I due contributi rischiano di colpire una presunta ricchezza generata almeno parzialmente nello stesso periodo temporale, dato che entrambi assumono, ai fini della determinazione della base imponibile, un periodo temporale di riferimento che comprende per lo meno una parte dell’anno 2022. Infatti, considerato che la base imponibile del Precedente Contributo è determinata in base all’incremento dei saldi IVA del periodo 1° ottobre 2021 – 30 aprile 2022 rispetto ai medesimi saldi IVA dell’anno precedente, i primi quattro mesi del 2022 assumono rilievo ai fini della determinazione di entrambi i contributi ancorché secondo le differenti logiche di determinazione dei due contributi (il primo guarda ai saldi IVA, il secondo al reddito complessivo IRES).

Si prevede altresì che ai fini dell’accertamento, delle sanzioni, della riscossione, nonché del contenzioso relativi al Nuovo Contributo si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi (comma 119), introducendo un’ulteriore differenza rispetto al Precedente Contributo in relazione al quale deve farsi riferimento alle disposizioni previste ai fini IVA. Il richiamo ai due diversi tributi (IRES ed IVA), peraltro, sembra giustificato dalla differente modalità di determinazione della base imponibile. Al riguardo, si segnala che con il Provvedimento del 13 gennaio 2023 l’Agenzia delle Entrate ha approvato il Modello IVA 2023, all’interno del quale è previsto un apposito quadro (quadro “CS”) da compilare con le informazioni relative al Precedente Contributo. Da monitorare l’eventuale inserimento di un apposito campo anche nella dichiarazione dei redditi in cui inserire i dati del Nuovo Contributo, pur in assenza di una specifica previsione all’interno della Legge di Bilancio.

Le modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio al Precedente Contributo

I commi 120 e 121 dell’art. 1 della Legge di Bilancio hanno apportato alcune modifiche all’art. 37 del Decreto-Legge n. 21/2022 che potrebbero modificare, in modo retroattivo, sia l’ammontare del Contributo dovuto (ancorché già versato) sia la platea dei soggetti passivi.

In particolare, il comma 121 si preoccupa di regolare le differenze in aumento o in diminuzione del Contributo dovute ai correttivi apportati dalla Legge di Bilancio e l’ammontare già versato secondo le originarie scadenze nel corso del 2022. Nel caso in cui l’ammontare del Contributo dovuto (calcolato in base alle novità previste delle Legge di Bilancio) risulti maggiore rispetto a quello dovuto entro il 30 novembre 2022 (determinato in forza della precedente disciplina), il versamento del maggior importo deve avvenire entro il 31 marzo 2023. Di converso, nel caso in cui dalle modifiche della Legge di Bilancio scaturisca un’eccedenza di versamento rispetto al prelievo dovuto, l’importo versato in eccesso potrà essere utilizzato in compensazione a decorrere dal 31 marzo 2023.

Vediamo ora quali sono le novità che attengono alla platea dei soggetti passivi e alla modalità di calcolo del Precedente Contributo.

In primis, si dispone che il Contributo è dovuto se almeno il 75% del volume d’affari dell’anno 2021 derivi dalle attività indicate al comma 1 dell’art. 37 del Decreto-Legge n. 21/2022. Nonostante l’introduzione di questo correttivo, permane una significativa diversità rispetto al Nuovo Contributo: quest’ultimo è infatti dovuto dai soggetti che realizzano almeno il 75% dei ricavi (anziché del volume d’affari) nell’anno 2022 (anziché 2021) dalle attività indicate al comma 115 della Legge di Bilancio. A tal proposito, si evidenzia che ai fini dell’individuazione della platea dei soggetti che ricadono nell’alveo di applicazione del Precedente Contributo, la Circolare n. 22/E/2022 ha individuato un elenco di codici ATECO che “in linea di massima” fanno scattare l’applicazione del prelievo. In assenza di ulteriori chiarimenti, si ritiene che questo chiarimento continui a trovare applicazione.

Quanto alle novità relative alla modalità di determinazione della base imponibile, la Legge di Bilancio (art. 1 comma 120) prevede che non concorrono ai fini della determinazione dei saldi tra le operazioni attive e passive le seguenti tipologie di operazioni:

  • le operazioni di cessione e di acquisto di azioni, obbligazioni o altri titoli non rappresentativi di merci e quote sociali che intercorrono tra i soggetti di cui al comma 1 dell’art. 37 Decreto-Legge n. 21/2022 (nuovo comma 3-bis dell’art. 37);
  • le operazioni attive non soggette a IVA per carenza del presupposto territoriale (ai sensi degli articoli da 7 a 7-septies del D.P.R. n. 633/1973) se e nella misura in cui i corrispondenti acquisti sono territorialmente non rilevanti ai fini IVA (nuovo comma 3-ter dell’art. 37).

La prima delle due esclusioni appare diretta a correggere uno dei principali aspetti critici evidenziati in passato quale, in particolare, la rilevanza delle operazioni di natura finanziaria che, evidentemente, non hanno alcuna interferenza con gli extra-profitti che il contributo di solidarietà è diretto a colpire (si pensi alle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni). Tuttavia, si tratta di un correttivo che raggiunge solo parzialmente l’obiettivo perseguito dato che si applica solo e nella misura in cui la cessione e l’acquisto di azioni, obbligazioni, altri titoli e quote sociali intercorrono tra i soggetti indicati dall’art. 37 comma 1 del Decreto-Legge n. 21/2022, imponendo pertanto un’opportuna verifica circa lo “status” della controparte ai fini dell’esclusione della connessa transazione. Al riguardo, la Relazione Tecnica alla Legge di Bilancio consente di escludere le operazioni in commento solo se realizzate tra “i soggetti tenuti al pagamento del Contributo”: sorgono dubbi in merito all’applicazione di questo requisito, ovvero se valga, ai fini della qualifica della controparte, una soggettività passiva solo teorica oppure effettiva.

La seconda modifica apportata dalla Legge di Bilancio, di fatto, recepisce sul piano normativo il cosiddetto “principio di simmetria” espresso dall’Agenzia delle Entrate (Circolare n. 25/E/2022). Pertanto, le operazioni attive IVA non rilevanti territorialmente possono essere escluse dai saldi IVA rilevanti solo se, e nella misura in cui, esse si riferiscono ad operazioni passive territorialmente non rilevanti (in quanto tali non indicate nelle LIPE). 

Da ultimo, la Legge di Bilancio corregge un mancato coordinamento modificando l’art. 37 comma 2 del Decreto-Legge n. 21/2022 ed adeguando il periodo temporale che deve essere assunto per verificare la presenza di un saldo negativo a quello che deve essere assunto ai fini del calcolo di uno dei due termini di raffronto del Contributo (i.e. 1° ottobre 2020 – 30 aprile 2021).

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