A cura dell’Energy Team
Agevolazioni accise per i carburanti del settore marittimo: Circolare n. 26/2025 del 1° ottobre 2025
Si segnala che l’Agenzia delle Dogane, con la Circolare 26/2025, ha fornito chiarimenti in merito alle agevolazioni relative alle accise sui carburanti destinati al settore marittimo.
Tali chiarimenti si sono resi necessari per risolvere le criticità interpretative sollevate da alcune associazioni di categoria in relazione alle casistiche di utilizzo per attività diverse dal trasporto regolare di passeggeri e di merci, nonché delle altre attività di cui all’art. 1, commi 4 e 5, del D.M. n. 225/2015, modificato dal D.M. n. 171/2023, emanato per conformarsi alla sentenza della Corte di Giustizia UE nella causa C-341/2020.
La Corte di Giustizia UE aveva rilevato che il D.M. n. 225/2015 era in contrasto con la legislazione unionale, poiché concedeva l’esenzione da accisa per il carburante utilizzato dalle imbarcazioni da diporto noleggiate o locate, indipendentemente dall’uso effettivo da parte del locatario o noleggiatore. Il D.M. n. 171/2023 ha quindi ristabilito la legittimità subordinando l’agevolazione alla verifica dell’attività di navigazione effettivamente svolta.
Con Circolare 11/2024, l’Agenzia delle Dogane aveva già fornito chiarimenti sulla portata delle modifiche normative, tuttavia, ulteriori spiegazioni sono state necessarie per risolvere le criticità interpretative riguardanti gli utilizzi in via esclusiva delle imbarcazioni per servizi a titolo oneroso, diversi dal trasporto regolare di passeggeri e merci, come previsto dall’art. 6-bis del D.M. n. 225/2015.
La Circolare in commento sottolinea la necessità di richiedere il rilascio del codice identificativo previsto dall’art. 6-bis per le imbarcazioni iscritte nei registri navali (e.g., Registro Navi Minori e Galleggianti) abilitate a svolgere attività di trasporto promiscuo di passeggeri e merci, richiamando i principi della Corte di Giustizia UE, che impongono la verifica dell’utilizzazione finale dell’imbarcazione per l’applicazione del beneficio fiscale.
In aggiunta, viene chiarito che sono esentati dagli obblighi procedurali dell’art. 6-bis D.M. n. 225/2015 i servizi di battellaggio, considerati servizi tecnico-nautici di interesse generale, ancillari alle operazioni portuali e istituiti nei porti per garantire la sicurezza della navigazione e dell’approdo.
Le indennità di servitù dal 2024 ricadono tra i redditi diversi
L’Agenzia delle Entrate lo scorso 7 novembre ha pubblicato la risposta ad interpello n. 289 in tema di qualificazione del reddito derivante dall’indennizzo per la costituzione del diritto di servitù. Il caso si riferisce ad un contribuente che nel 2024 ha stipulato l’atto di costituzione del diritto di servitù su un immobile sito su un’area interessata dai lavori per la rete elettrica. Sempre nel 2024 il contribuente ha incassato il saldo dell’indennizzo.
L’Agenzia non condivide la rappresentazione effettuata dal contribuente secondo cui il quale tale somma non dovrebbe costituire reddito, basando le proprie ragioni sul fatto che tale indennizzo trova origine da norme speciali che ne escluderebbero l’imponibilità ed anche in considerazione del fatto che la servitù è stata costituita coattivamente per esigenze pubbliche. Al contrario, l’Agenzia delle Entrate, richiamando l’articolo 35, comma 1, del Testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità prevede che le indennità in disamina – se corrisposte a non imprenditori – costituiscono redditi diversi. Per la precisione il citato articolo 35 riconduceva tali redditi all’articolo 67, comma 1, lettera b), Tuir, che riguarda le plusvalenze derivanti dalla cessione onerosa di immobili acquistati o costruiti da meno di cinque anni. In merito a tale norma, l’Agenzia ricorda che la legge di bilancio per il 2024 (articolo 1, comma 92, legge n. 213/2023) ha modificato il perimetro dei redditi diversi includendo espressamente i redditi derivanti «dalla costituzione degli altri diritti reali di godimento», sempre dall’articolo 67 ma dalla lettera h.
La medesima legge di bilancio ha inoltre modificato l’articolo 9, comma 5 del medesimo TUIR, prevedendo che «Ai fini delle imposte sui redditi, laddove non è previsto diversamente, le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società».
Richiamando inoltre il Dossier Parlamentare nonché la relazione tecnica alla medesima legge di Bilancio l’Agenzia arriva a concludere che a decorrere dall’entrata in vigore della nuova formulazione dell’art. 67 del TUIR “le fattispecie aventi ad oggetto la costituzione di diritti reali di godimento, che in precedenza sarebbero state ricomprese nell’ambito delle plusvalenze ai sensi della lett. b) del comma 1 del citato articolo, rientrano attualmente nella categoria dei ”redditi diversi” di cui alla successiva lett. h)”. Sul punto l’Agenzia ritiene pertanto superata una precedente posizione assunta nella circolare n.194 del 1998.
Pertanto, l’indennità di servitù oggetto dell’interpello, per la costituzione del diritto di servitù volontaria per la linea elettrica sull’immobile ubicata nell’area interessata dai lavori sarà assoggettata a tassazione ai sensi della lett. h, del comma 1 dell’art. 67 del TUIR.
Tremonti Ambiente negata dalla Cassazione per le società di scopo
Con l’Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29303 del 2025, la Corte di Cassazione è intervenuta sul beneficio “Tremonti Ambiente”, precludendolo alle imprese costituite al solo scopo di produrre e vendere energia da fonti rinnovabili.
Il caso si riferiva ad una società costituita allo scopo di costruire un impianto fotovoltaico per produrre energia elettrica destinata integralmente alla vendita, senza autoconsumo né miglioramento dei propri cicli produttivi.
La Corte argomenta la propria tesi sottolineando come l’investimento non sarebbe finalizzato a mitigare un danno ambientale connesso all’attività dell’impresa, bensì costituisce l’attività principale dell’impresa medesima. E pertanto, in questo contesto, ad avviso della Corte l’incentivo costituirebbe un aiuto di Stato, contrario ai principi unionali di concorrenza (artt. 107-109 TFUE) poiché, secondo il parere della corte, l’agevolazione darebbe un vantaggio a queste imprese rispetto ad altre operanti nel mercato energetico europeo. La sentenza in esame non trova riscontro in alcuna interpretazione ufficiale dell’Agenzia delle Entrate e si pone in contrasto con la prassi prevalente.
Tremonti Ambiente non rimborsabile se la richiesta non è stata tempestiva
Lo scorso 18 settembre la Corte di Cassazione ha emanato l’ordinanza n. 25598 con la quale ha dichiarato intempestiva la domanda di rimborso della c.d. “Tremonti Ambiente” se questa sia stata presentata oltre il termine ordinario, anche nel caso in cui dichiarazione integrativa e la richiesta di rimborso siano stati presentati a valle di un chiarimento sulla ammissibilità del beneficio medesimo.
La vicenda si riferisce ad investimenti per ristrutturare impianti idroelettrici effettuati nel 2010, per i quali il contribuente si è attivato per ottenere l’applicazione del beneficio Tremonti Ambiente solo dopo l’emanazione di chiarimenti circa la cumulabilità tra tale beneficio ed il Conto Energia. Sicché, solo nel 2018 ha presentato una dichiarazione integrativa ed una istanza di rimborso per recuperare i versamenti del 2013 e 2014 che sarebbero stati eccedenti qualora l’agevolazione fosse stata applicata sin dall’origine.
Nello scenario fattuale così brevemente delineato, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Commissione tributaria regionale respingendo la richiesta di rimborso per decorrenza dei termini, sottolineando che il termine per il rimborso è inderogabile e non può essere esteso retroattivamente.
La Corte, dopo aver rammentato che la dichiarazione integrativa e l’istanza di rimborso sono procedure separate e che la decadenza deve essere verificata prima di esaminare il merito della richiesta, ribadisce quindi che l’incertezza normativa non giustifica la deroga ai termini di decadenza, che servono a garantire la certezza dei rapporti tributari.
Tremonti Ambiente: la Cassazione interviene sulla quantificazione del beneficio
La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Tributaria Civile, ha emesso l’ordinanza 23.10.2025, n. 28205 che scaturiva da una contestazione dell’Agenzia delle Entrate in tema di c.d. Tremonti Ambiente (art. 6, c. 13 e ss. L. 388/2000) che sosteneva che la deduzione fiscale non dovrebbe includere le quote di ammortamento calcolate sui costi degli investimenti ambientali.
La Corte ha accolto il ricorso, stabilendo che i costi operativi e i vantaggi economici non devono essere considerati nel calcolo del sovraccosto ammissibile. La sentenza impugnata è stata cassata e rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado per un nuovo esame, escludendo le quote di ammortamento dal calcolo dei costi ammissibili.
La Corte di Cassazione interviene sull’IMU delle piattaforme
La Cassazione (Cass. Civile Sez. 5 N. 24611 Anno 2025) torna a pronunciarsi sull’IMU relativa alle piattaforme per l’estrazione di idrocarburi (oggi soggette ad IMPI). Il contenzioso in esame si riferisce all’imposta relativa all’anno 2015 ed è stato innescato da un Comune romagnolo. La Corte ha confermato la sentenza di commissione tributaria regionale, ritenendo dovuta l’imposta.
Le argomentazioni a supporto si riferiscono principalmente a i) criteri di afferenza al territorio, in quanto anche le piattaforme a mare traggono beneficio da infrastrutture e servizi a terra di fronte alla piattaforma medesima; ii) qualificazione delle piattaforme come immobile D/7, in quanto stabilmente ancorate al fondale e unità immobiliari capaci di produrre autonomamente reddito; iii) natura dell’IMPI di sostituta di qualunque altra imposizione immobiliare locale, come dire che tale tipo di imposizione locale già esisteva e pertanto non sarebbe stata introdotta ex novo con l’IMPI.
Impianto carburanti: secondo la corte di Cassazione costituisce un bene immobile
La Corte Suprema di Cassazione (sez. trib. – 05/11/2025, n. 29332), ha esaminato il ricorso di un contribuente contro l’Agenzia delle Entrate riguardante la classificazione fiscale di due impianti di distribuzione carburanti oggetto di trasferimento all’interno di un compendio aziendale. La controversia verte sulla corretta applicazione delle imposte di registro e ipocatastali, che l’Ufficio ha riliquidato considerando l’intera base imponibile come immobiliare, escluso l’avviamento. La CTP Firenze aveva accolto i ricorsi, sostenendo che gli impianti, essendo facilmente separabili dal suolo, non rientrassero nelle disposizioni dell’art. 812 c.c. Tuttavia, la CTR Toscana ha ribaltato la decisione, affermando che anche le cose mobili incorporate al suolo devono essere considerate immobili, e che nei rogiti non era specificato quali beni fossero impianti o attrezzature.
La corte cassa il ricorso del contribuente concludendo che “[…], pur non perdendo l’impianto ‘immobilizzato’ la propria identità reale (nel senso che, rispetto all’immobile cui è unito, rimane un’entità oggettivamente distinta), la sua condizione di connessione funzionale con il suolo ne modifica la considerazione giuridica. Né rileva ad escludere l’immobilizzazione la sua reversibilità, legata all’agevole spostamento o rimozione”.
La Corte aggiunge inoltre che “Nella fattispecie in esame è riconoscibile sia la connessione strutturale, essendo i ‘beni mobili’ funzionalmente necessari a quelli immobili per realizzare l’attività produttiva cui questi ultimi sono destinati, sia l’inscindibilità funzionale, atteso che, se i ‘beni mobili’ venissero separati da quelli immobili, questi ultimi perderebbero la loro funzione economica, vale a dire di entrambi i requisiti necessari per configurare un unico bene complesso destinato alla distribuzione del carburante.
In quest’ottica, anche gli impianti oggetto di esame assumono senza dubbio una natura immobiliare per essere parti componente di un bene immobile”.
A conferma di questa impostazione la corte richiama alcune pronunce di giurisprudenza, tra cui Cass., Sez. 5, Sentenza n. 6840 del 14/03/2024 la quale – riporta la sentenza – “ha affermato che “Ai fini dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale, gli impianti fotovoltaici di grande potenza (parchi fotovoltaici), realizzati allo scopo di produrre energia da immettere nella rete elettrica nazionale per la vendita, sono considerati, a tutti gli effetti, come beni immobili, poiché la connessione strutturale e funzionale tra il terreno e gli impianti è tale da poterli ritenere sostanzialmente inscindibili, a nulla rilevando l’astratta possibilità di rimozione ed installazione in altro luogo”. Il principio, per quanto enunciato con riferimento ad una differente fattispecie, è senz’altro estensibile a quella in esame”.
I buoni carburante sono qualificarsi come multiuso ai fini IVA
Con la risposta all’interpello n. 235 del 10 settembre 2025, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che i buoni carburante devono essere qualificati come multiuso ai fini IVA.
L’imposta, pertanto, si applica esclusivamente al momento dell’utilizzo del buono, poiché al momento della sua emissione non è possibile determinare con certezza la quantità di carburante acquistabile. Tale incertezza è dovuta alla variabilità del prezzo al pubblico, influenzato sia dall’andamento del mercato petrolifero sia dalle politiche commerciali dei singoli distributori.
La distinzione tra buoni monouso e multiuso, introdotta dalla direttiva UE 2016/1065 e recepita in Italia con il D.Lgs. 141/2018, si basa sulla disponibilità delle informazioni necessarie per l’applicazione dell’IVA al momento dell’emissione. I buoni monouso sono quelli per cui, al momento dell’emissione, sono già noti natura, quantità e prezzo del bene o servizio; i buoni multiuso, invece, non consentono tale determinazione anticipata.
In passato, l’Agenzia aveva qualificato i buoni carburante come documenti di legittimazione, assimilabili alla cessione di denaro e quindi non rilevanti ai fini IVA. Solo il distributore, al momento del rifornimento, era tenuto all’emissione della fattura.
Con la circolare 8/E/2018, l’Agenzia aveva poi distinto tra buoni utilizzabili presso impianti della stessa compagnia, soggetti a IVA al momento della cessione, e buoni spendibili presso più soggetti o per diversi beni/servizi, considerati multiuso.
La risposta n. 235/2025 supera questa interpretazione, affermando che anche i buoni utilizzabili presso impianti della stessa compagnia devono essere considerati multiuso, in quanto il prezzo del carburante è variabile e non consente di determinare in anticipo la quantità acquistabile.
Questo chiarimento comporta importanti conseguenze operative per le aziende: i buoni carburante e le carte prepagate distribuite ai dipendenti dovranno essere considerati rilevanti ai fini IVA solo al momento dell’utilizzo, con conseguente adeguamento delle tempistiche di fatturazione e versamento dell’imposta.
La detrazione IVA per le società di comodo: l’incompatibilità delle disposizioni italiane rispetto a quelle europee
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13598/2025, ha ribadito che alcune disposizioni italiane in materia di società di comodo – in particolare l’art. 30 della Legge n. 724/1994 – risultano in contrasto con la Direttiva IVA 2006/112/CE.
Il caso nasce da una società che si è vista rifiutare il rimborso del credito IVA perché non aveva superato il cosiddetto test di operatività.
La Suprema Corte, richiamando anche una sentenza della Corte di Giustizia UE del 2024, ha sottolineato che il diritto alla detrazione è un principio cardine del sistema IVA europeo e non può essere limitato da presunzioni automatiche basate solo su parametri di ricavi o redditività.
In altre parole, se un soggetto passivo svolge realmente un’attività economica, l’IVA sugli acquisti deve poter essere detratta, a prescindere dal fatto che rientri o meno nei parametri nazionali di “operatività”. Le norme anti-abuso restano legittime, ma devono essere proporzionate e mirate, non generalizzate.
Ciò comporta che le aziende che in passato si sono viste negare la detrazione IVA per il mancato superamento del test di operatività potrebbero avere margini per far valere i propri diritti, invocando il primato del diritto UE. Allo stesso tempo, l’Agenzia delle Entrate dovrà tenere conto di questo orientamento nelle contestazioni future.
Conclusioni simili sono contenute in altre pronunce di Cassazione di quest’anno (7813/2025 e 14167/2025).
Le istruzioni di OIC ed Agenzia delle Entrate circa i rischi fiscali derivanti dai principi contabili: l’estinzione di commodities swap e i diritti di superficie
Lo scorso 7 agosto l’Agenzia delle Entrate ha emanato un provvedimento (Prot. n. 321934/2025) contenente l’aggiornamento e integrazione delle linee guida per la predisposizione di un efficace Tax Control Framework. Queste linee guida sono indirizzate alle imprese che intendono aderire all’adempimento collaborativo e che, di conseguenza, necessitano di una certificazione del sistema di controllo del rischio fiscale.
Esso in particolare attiene ai rischi fiscali derivanti dai principi contabili applicati dal contribuente, con riferimento a tre specifiche casistiche esaminate da Agenzia delle Entrate ed OIC, ciascuna per la parte di sua competenza, le cui schede sono allegate al provvedimento. Si tratta di a) recesso anticipato da un contratto di commodity swap; b) Trattamento contabile, ai fini delle imposte sui redditi, del corrispettivo per la concessione del diritto di superficie; c) Emissione e chiusura di un prestito obbligazionario convertibile a tasso zero.
In considerazione dell’industry a cui si rivolge questo nostro documento riteniamo opportuno evidenziare le prime due.
Recesso anticipato da un contratto di commodity swap: trattamento contabile e fiscale
La prima scheda esamina l’estinzione anticipata di un Commodity swap sottoscritto per coprire le oscillazioni del prezzo di acquisto del gas naturale con contestuale incasso del valore (positivo) corrente dello strumento.
Comportamento contabile. OIC distingue due scenari: 1) se si prevede che si verifichino ancora i flussi dell’elemento coperto, l’imposto accantonato nella riserva per operazioni di copertura dei flussi finanziari attesi (A VII) rimane in tale voce fino al verificarsi dei flussi futuri (cfr. OIC 32 paragrafo 92.a). 2) se non si prevedono più i flussi finanziari dell’elemento coperto o questi non sono ritenuti più altamente probabili l’importo della riserva deve essere subito riversato in conto economico, nella sezione D, in quanto divenuto inefficace (cfr OIC 32, paragrafo 92.b).
Comportamento fiscale. L’ADE torna sul tema già trattato nella risposta ad interpello n. 36/2024 ribadendo che il provento concorre alla formazione dell’IRES secondo il c.d. principio di derivazione rafforzata. Pertanto, in presenza di una copertura secondo Cash Flow Hedge, la riserva assume rilevanza ai fini IRES al momento del c.d. “recycling” in conto economico e secondo la medesima natura dell’elemento coperto (cfr. Art. 112 del TUIR e D.M. 8 giugno 2011) negli esercizi successivi lungo il periodo di riferimento dell’elemento coperto. Stante la rilevazione in conto economico a diretta riduzione dei costi di approvvigionamento del gas, dette somme concorreranno alla formazione dell’IRAP nei medesimi esercizi di rilevazione secondo il principio della presa diretta dal conto economico.
Corrispettivo per la concessione del diritto di superficie
Il secondo caso esaminato attiene il canone annuo a remunerazione di un diritto di superficie a tempo determinato avente ad oggetto un terreno.
Comportamento contabile. Rammentando l’assenza di un principio che specificatamente tratti i canoni da diritto di superficie, OIC cerca una soluzione mediante interpretazione analogica, sulla base del principio OIC11 in tema di finalità e postulati di bilancio. Richiamando l’OIC12 (Composizione e schemi del bilancio d’esercizio) riscontra una sostanziale equiparazione, dal lato dei componenti di reddito negativi, tra gli effetti contabili prodotti dal diritto di superficie e quelli prodotti dalla locazione e per tale motivo ritiene che siano rilevati come “ricavi” (e non come plusvalenza) gli speculari componenti positivi, quindi anche i canoni di diritto di superficie.
Comportamento fiscale. Al riguardo l’Agenzia delle Entrate conclude che “Si deve ritenere, pertanto, che, anche ai fini IRES, il corrispettivo conseguito per la costituzione del diritto di superficie a tempo determinato, contabilizzato secondo la maturazione contrattuale, concorra alla formazione del reddito d’impresa della Società come ricavo (e non come plusvalenza) così come imputato in bilancio”.
Compendio unico agricolo: chiarimenti dell’agenzia in caso di trasferimenti parziali per la costruzione di impianti agrivoltaici
Con la risposta ad interpello n. 205 del 2025 l’Agenzia delle Entrate interviene circa la qualificazione del c.d. “compendio unico” nel caso in cui l’agricoltore ceda la proprietà o il diritto di superficie di propri terreni per la realizzazione da parte di terzi di impianti fotovoltaici.
Un imprenditore agricolo professionale, amministratore unico e socio di una società agricola, detiene un compendio unico agricolo. L’imprenditore sta valutando la cessione di parte di questi terreni per la realizzazione di un impianto agrivoltaico, che prevede l’installazione di pannelli fotovoltaici su serre senza compromettere la coltivazione che continuerebbe i) nelle serre sopra le quali saranno posti i pannelli oppure ii) sugli altri terreni residui già parte del compendio. Chiede se queste operazioni comportino la decadenza delle agevolazioni fiscali previste per il compendio unico, come l’esenzione dalle imposte di registro, ipotecaria, catastale e di bollo, secondo la legge 97/1994 e il D. lgs. 228/2001.
Sul punto si noti che l’articolo 5-bis del decreto legislativo n. 228 del 2001 definisce il “compendio unico” come l’estensione di terreno necessaria per raggiungere il livello minimo di redditività stabilito dai piani regionali di sviluppo rurale, per ottenere il sostegno agli investimenti previsti dai regolamenti europei. Il trasferimento di terreni agricoli a coltivatori diretti o imprenditori agricoli professionali, impegnati a costituire e coltivare un compendio unico per almeno dieci anni, può beneficiare delle sopra citate esenzioni da imposte indirette. In caso di violazione degli obblighi, si perde il regime agevolativo. I terreni e le pertinenze del compendio unico sono indivisibili per dieci anni e non possono essere frazionati. Per accedere alle agevolazioni, è necessario rispettare requisiti specifici (si veda in particolare la Circolare dell’Agenzia delle Entrate del 29 maggio 2013).
Nel caso oggetto di interpello, l’Istante presenta i requisiti necessari per mantenere il compendio unico agricolo, evidenziando il livello minimo di redditività richiesto.
L’Agenzia ha constatato che gli impianti agrivoltaici previsti non comprometterebbero l’attività agricola, permettendo l’uso di tecnologie agricole avanzate. In caso di vendita parziale dei terreni, la decadenza dalle agevolazioni riguarderebbe solo i terreni venduti, purché quelli rimanenti mantengano la redditività minima.
L’Agenzia delle Entrate fornisce un parere limitato alla questione della decadenza dall’agevolazione, senza valutare la spettanza dell’agevolazione stessa.
La Cassazione interviene sulla categoria catastale degli impianti dei consorzi di bonifica
L’ordinanza n. 21403/2025 ha definito il principio secondo cui le generali finalità istituzionali e pubblicistiche svolte dai consorzi di bonifica non consentirebbero di iscrivere condotte ed altri impianti nel gruppo catastale E (immobili a destinazione particolare, esenti da IMU).
Infatti, a parere dalla Corte la destinazione – e quindi la classe catastale – del bene discenderebbe dalle sue caratteristiche oggettive e non la natura pubblica o privata del proprietario o l’attività da questo esercitata.
Di conseguenza, l’impianto oggetto di giudizio deve essere iscritto nella categoria D/7 ed assoggettato ad IMU.
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