A cura di Davide Accorsi, Stefano Luigi Airaghi e Giacomo Merenda
Con la risposta ad interpello n. 272/2023, pubblicata lo scorso 3 aprile 2023, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti circa la possibilità di utilizzare le informazioni trasmesse mediante un sistema EDI (i.e., Exchange Data Intercharge) ai fini della dichiarazione prevista dall’articolo 45bis, comma 1, lett. b), punto i), del Regolamento (UE) n. 282/2011.
In particolare, l’istante è un soggetto residente in uno Stato membro dell’Unione Europea che, nel corso della propria attività, effettua, tra gli altri, degli acquisti di prodotti, con clausola INCOTERMS exworks, da diverse società italiane, le quali pongono in essere cessioni intracomunitarie non imponibili ai sensi dell’articolo 41 del D.L. n. 331/1993. L’Istante provvede al trasporto dei pezzi dall’Italia al proprio Stato UE “con mezzi propri o tramite spedizionieri dalla stessa incaricati”.
In tali circostanze, l’istante intende predisporre un sistema automatizzato per lo scambio con i propri fornitori dei documenti richiesti dall’articolo 45bis, comma 1, lett. b), punto i) [1], del Regolamento UE n. 282/2011 ai fini della sussistenza della presunzione di avvenuto trasporto ivi contemplata, necessaria per la non imponibilità delle cessioni intracomunitarie con trasporto curato dall’acquirente.
Dopo aver riassunto la normativa di riferimento contenuta dall’articolo 45-bis, del Regolamento (UE) n. 282/2011, introdotto con efficacia dal 1° gennaio 2020 dal Regolamento (UE) n. 2018/1912, e ricordato che la normativa in esame è stata già oggetto di chiarimenti con la circolare n. 12/E del 2020, emanata tenendo in considerazione anche i chiarimenti forniti dalla Commissione europea con le Note esplicative (“Quick Fixes 2020”), l’Agenzia delle Entrate ha inizialmente ribadito che “è esclusa l’applicazione della presunzione che le merci siano state trasportate o spedite in altro Stato membro prevista dal menzionato articolo 45bis qualora il trasporto o la spedizione siano stati effettuati dal cedente o dal cessionario con mezzi propri, se senza l’intervento di altri soggetti come, ad esempio, lo spedizioniere o il trasportatore” e che “in tutti i casi in cui non si rende applicabile la presunzione di cui all’articolo 45bis, può continuare a trovare applicazione la prassi nazionale, anche adottata prima dell’entrata in vigore del medesimo articolo, in tema di prova del trasporto intracomunitario dei beni”.
Quanto all’idoneità delle comunicazioni prodotte tramite il sistema EDI quali “dichiarazione scritta” ai fini della prova di una cessione intracomunitaria, prescindendo dalle modalità di trasporto adottate dall’istante, l’Agenzia delle Entrate richiama le Note esplicative “Quick Fixes 2020”, nelle quali, ai paragrafi 5.3.6 e 5.3.7, si precisa rispettivamente che “Qualsiasi documento che contenga tutti gli elementi di cui all’articolo 45 bis, paragrafo 1, lettera b), punto i), del RE deve essere considerato una “dichiarazione scritta” ai fini di tale disposizione” e che “Non esistono disposizioni specifiche nel RE per quanto riguarda il formato in cui devono essere forniti i documenti da accettare come prova della spedizione o del trasporto di cui all’articolo 45 bis, paragrafo 3, del RE. Sarebbe ragionevole aspettarsi che gli Stati membri siano flessibili al riguardo e non impongano limitazioni rigorose, ad esempio accettando solo documenti cartacei, ma accettino anche una versione elettronica di tali documenti”.
Eventuali formati elettronici possono, quindi, essere ammessi, ai fini della presunzione di cui all’articolo 45bis del Regolamento n. 282/2011, nei limiti in cui gli stessi forniscano le medesime garanzie di una dichiarazione cartacea e, dunque, oltre a garantire la completezza delle informazioni, se ne possano riscontrare: l’integrità; l’autenticità; la veridicità e l’immodificabilità dei contenuti; la certezza e la definitività della data; la paternità dei dati e delle dichiarazioni.
In caso di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, infatti, è necessario che questa sia posta nelle condizioni di leggere i file ed operare eventuali estrazioni, riscontrare eventuali manomissioni che ne compromettano l’originalità, accertarne l’attendibilità e l’imputabilità ai diversi soggetti attraverso il ricorso a standard riconosciuti, determinarne la data attraverso strumenti generalmente ammessi che garantiscano certezza e immutabilità (come, ad esempio, la marca temporale).
Inoltre, nella misura in cui nei documenti scambiati nell’ambito della supply chain che vengono richiamati nell’istanza (cioè la nota d’ordine dell’istante, la fattura del fornitore e la dichiarazione dell’istante di conferma avvenuta ricezione dei prodotti) viene riportato il numero d’ordine originario, sembrerebbe che il processo che si intende adottare associ all’EDI anche le garanzie di un controllo di gestione (c.d. “business control”) tale da creare una “pista di controllo” (c.d. “audit trail”) affidabile tra la fattura e la corrispondente cessione di beni (cfr. par. 1 dell’articolo 233 della Direttiva 2006/112/EC).
Alla luce delle considerazioni suesposte, l’Agenzia delle Entrate conclude che anche i sistemi come quello EDI possono, in linea di principio, essere ammessi come “dichiarazione scritta” utile per soddisfare la presunzione di cui all’articolo 45bis del Regolamento n. 282/2011, ovvero per consentire la prova di una cessione intracomunitaria secondo la prassi nazionale. Tale ammissibilità è evidentemente subordinata al ricorrere di tutte le richiamate garanzie che consentono una piena equiparazione, in termini probatori, tra il formato elettronico e quello cartaceo.
Sul punto, si richiamano anche i chiarimenti forniti nella citata Circolare n. 12/E del 2020, laddove si precisa che l’idoneità dei documenti, ai fini della prova dell’avvenuto trasporto comunitario, “è comunque soggetta alla valutazione, caso per caso, dall’amministrazione finanziaria (cfr. Note esplicative, par. 5.3.3.)”.
[1] Che stabilisce che, nel caso in cui il trasporto intracomunitario venga effettuato dall’acquirente, questi deve fornire al venditore, entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione, una dichiarazione scritta che certifichi che i beni sono stati trasportati o spediti (dall’acquirente stesso o da terzi per suo conto) e dalla quale dovranno risultare indicati lo Stato membro di destinazione dei beni, la data del rilascio, il nome e l’indirizzo dell’acquirente, la quantità e la natura dei beni ceduti, la data e il luogo del loro arrivo, l’identificazione della persona che ha accettato i beni per conto dell’acquirente e, qualora si tratti di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo.
Oltre a tale dichiarazione, il cedente dovrà essere in possesso di almeno due dei documenti relativi al trasporto delle merci, di cui alla lettera a) del paragrafo 3 del medesimo articolo 45bis del Regolamento n. 282/2011, rilasciati da due diverse parti indipendenti, l’una dall’altra, dal venditore e dall’acquirente, oppure di un documento di trasporto di cui alla medesima lettera a), unitamente ad un documento relativo agli altri mezzi di prova indicati nella lettera b) dello stesso paragrafo 3.
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