A cura di Alessandro Catona, Michele Gusmeroli
Una recente sentenza di Cassazione ha riconosciuto che il principio della prevalenza del credito d’imposta convenzionale su quello previsto dalla norma interna non è limitato alla sola Ires, ma si estende anche all’IRAP (ove contemplata dal trattato), contro cui l’imposta estera è quindi accreditabile.
Norma interna
Nel sistema IRAP, la territorialità del tributo si sostanzia in un’esenzione del valore della produzione netta realizzata fuori dal territorio dello Stato.
Prevede infatti l’art. 12, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 che nei confronti dei soggetti passivi residenti nel territorio dello Stato che esercitano attività produttive anche all’estero la quota di valore a queste attribuibile è scomputata dalla base imponibile.
L’attribuzione della quota di valore alle attività produttive estere è effettuata con i criteri previsti dall’art. 4, comma 2, per la ripartizione della base imponibile fra le varie regioni; come noto, si tratta di un’allocazione forfettaria sulla base di diversi parametri: le retribuzioni come criterio base, i depositi e gli impieghi per le banche ed enti finanziari, i premi per le assicurazioni.
Conseguenza è che non spetta alcuna esenzione, qualora le attività estere vengano svolte senza impiego del parametro rilevante (ad esempio, in assenza di personale impiegato all’estero).
Norma convenzionale
Dall’istituzione dell’IRAP nel 1997, i trattati conclusi dall’Italia la menzionano esplicitamente fra le “Imposte considerate” dall’art. 2. Gran parte del network convenzionale italiano, tuttavia, è anteriore al 1997 e non è quindi raro trovarvi menzionata l’ormai soppressa Ilor, quando non addirittura le vecchie imposte – ricchezza mobile, complementare – anteriori alla riforma degli anni 1970.
In proposito, tutte le Convenzioni italiane seguono il modello OCSE nel prevedere che la Convenzione si applicherà anche alle imposte future di natura identica o sostanzialmente analoga che saranno istituite dopo la data della firma della Convenzione in aggiunta, o in sostituzione, delle imposte attuali.
Le autorità competenti degli Stati contraenti, alla fine di ogni anno, si comunicheranno le modifiche sostanziali alle rispettive legislazioni fiscali. L’art. 44 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 prevede che, ai fini dell’applicazione dei trattati internazionali in materia tributaria, l’IRAP è equiparata ai tributi erariali aboliti con la sua istituzione.
La circolare 18 aprile 2002, n. 33/E aveva rilevato come già all’epoca il Canada, la Francia, il Regno Unito, il Lussemburgo, la Danimarca, il Portogallo, la Spagna, i Paesi Bassi, la Germania, l’Austria, la Croazia, la Federazione Russa, la Thailandia ed il Vietnam avessero già riconosciuto l’IRAP quale imposta cui si applicano le vigenti Convenzioni.
Cassazione
Una società italiana cedeva un immobile in Francia e vi pagava imposte sulla plusvalenza; le imposte francesi finivano per essere solo parzialmente accreditabili contro l’Ires dovuta dalla società, che presentava istanza di rimborso IRAP per l’eccedenza dell’imposta francese, reclamandone l’accreditabilità su base convenzionale. Contro il silenzio-diniego veniva quindi presentato ricorso, rigettato sia in primo sia in secondo grado. Con sentenza 18 luglio 2023, n. 21047 la Suprema Corte ha riconosciuto che, in tema di Convenzioni contro le doppie imposizioni, la rilevanza dell’Irap va valutata in base a quanto previsto nelle singole Convenzioni.
La Convenzione Italia-Francia ratificata con legge 7 gennaio 1992, n. 20, applicabile, per espressa previsione, all’Ilor, poi abrogata, si applica anche all’Irap, in virtù dell’espressa previsione di cui all’art. 44 d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, della successiva comunicazione, ex art. 2, comma 4, della medesima Convenzione, all’Amministrazione fiscale dello Stato estero, del successivo riconoscimento da parte di quest’ultima e della sostanziale assimilazione delle due imposte.
La Cassazione ha quindi deciso per l’accreditabilità dell’imposta francese contro l’IRAP, sulla base dell’art. 24 del trattato. Detta disposizione, nell’individuare gli strumenti per evitare la doppia imposizione prevede, per quanto concerne l’Italia, che quest’ultima «può» includere nella base imponibile gli elementi di reddito imponibili in Francia, prevedendo, tuttavia, che in tal caso «deve dedurre dalle imposte così calcolate l’imposta sui redditi pagata in Francia». Tale disposizione, lungi dal contenere la sola indicazione di un criterio generale, prevede, al contrario che, ove l’elemento di reddito – nella fattispecie in esame la plusvalenza realizzata a seguito della cessione del terreno – venga inclusa nella base imponibile, debba, di conseguenza, consentirsi la deduzione dell’imposta scontata all’estero.
Conseguenze
Si tratta della prima sentenza di quello che potrebbe rivelarsi un filone molto interessante, ai fini della proposizione di una o più istanze di rimborso: istanze il cui merito sarebbe il caso di valutare senz’indugio, per evitare che nel frattempo intervengano i termini di decadenza.
In quest’ottica, due sembrano essere gli elementi cui prestare maggiore attenzione:
- la capienza dell’Ires con riferimento all’imposta estera accreditabile, anche tenuto conto del meccanismo di riporto e del prevedibile carattere strutturale dell’eccedenza d’imposta estera;
- l’eventuale esenzione di parte della base imponibile IRAP, in quanto considerata prodotta all’estero.
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