Esportazioni triangolari non configurabili se il trasporto è curato dal primo cessionario in nome e per conto proprio

A cura di Davide Accorsi, Stefano Luigi Airaghi e Ludovica Copia

Con la risposta ad interpello n. 283 dello scorso 4 aprile 2023, l’Agenzia delle Entrate si è pronunciata in riferimento alla realizzabilità o meno di esportazioni triangolari non imponibili ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), D.P.R. n. 633/1972 in un caso articolato presentato dall’istante Alfa, società di diritto italiano che si occupa principalmente della progettazione di impianti (o parti d’impianti) situati in Paesi UE ed extra UE.

Le attività generalmente affidate ad Alfa sulla base di contratti internazionali stipulati con committenti residenti fiscalmente in Paesi extra UE hanno ad oggetto:

  • la predisposizione del disegno, del progetto e/o l’attività di controllo dello stesso, la definizione e/o la verifica degli aspetti tecnici dell’impianto e dei materiali necessari e/o più funzionali alla sua realizzazione (cosiddetta attività di “engineering”);
  • l’individuazione e l’approvvigionamento presso fornitori terzi dei materiali e delle componenti aventi le caratteristiche di cui sopra, poi rivenduti al cliente senza alcuna manipolazione e/o lavorazione da parte del contractor (cosiddetta attività di “procurement”);
  • l’effettuazione in loco dell’attività di supervisione al monitoraggio e al collaudo o messa in opera ovvero, in casi più marginali, l’espletamento delle attività di vera e propria costruzione dell’impianto (cosiddetta attività di “construction”).

In particolare, i contratti conclusi dall’istante con i clienti esteri possono riguardare:

  • le sole attività di “engineering” e di “procurement” (di seguito “Contratti EP”);
  • la combinazione delle due attività di “engineering” e di “procurement” [1]. Questa tipologia di schema contrattuale si sostanzia nell’instaurazione di un rapporto trilaterale in cui un soggetto terzo, di regola una società controllata dallo stesso istante residente nel paese extra­UE, realizza in loco l’attività di “construction” (di seguito “Contratto EP+C”);
  • le attività di “engineering”, di “procurement” e di “construction” (di seguito “Contratti EPC”).

Nell’ambito dell’espletamento dell’attività di procurement ­ oggetto di affidamento nelle varie tipologie di schemi contrattuali sopra elencati (contratti EP, EP+C, EPC) ­ la stessa si avvale di una serie di fornitori italiani presso i quali acquista i beni materiali che verranno trasportati e spediti al di fuori del territorio dell’Unione Europea.

In particolare, i contratti stipulati tra i fornitori italiani ed Alfa hanno, quindi, ad oggetto la cessione di beni mobili a favore della stessa società istante, la quale, nella veste di cessionario nazionale, rivende gli stessi beni al cliente finale, committente estero residente in un Paese extra UE.

In base ad una precisa logica commerciale mirata al risparmio dei costi e all’efficiente gestione della logistica, l’istante intende stipulare con i fornitori italiani uno schema di contratto di fornitura che prevede che i beni acquistati da Alfa, destinati alla rivendita ai clienti extra UE, siano consegnati dai (primi) cedenti italiani con termini di resa EXW (presso lo stabilimento del fornitore/primo cedente) ovvero FCA (presso la sede del vettore incaricato dal cessionario nazionale, ossia Alfa).

In virtù delle suddette clausole, i beni acquistati in Italia da Alfa verranno poi trasportati e/o spediti al di fuori del territorio dell’UE per mezzo di vettori incaricati direttamente dalla medesima società istante (primo cessionario italiano).

In tali circostanze, l’istante chiede di sapere se le forniture di beni effettuate, nei termini anzi descritti, a favore di Alfa da soggetti passivi IVA italiani possano configurare, ai fini dell’applicazione del regime di non imponibilità, una cessione all’esportazione “triangolare”, di cui all’art. 8, comma 1, lett. a) del D.P.R. n. 633/1972, nell’ipotesi in cui i predetti beni siano rivenduti da Alfa nell’ambito di contratti EP ed EP+C, oltre che nell’ambito di contratti EPC.

Prima di rispondere ai quesiti posti dall’istante, l’Agenzia delle Entrate richiama il quadro normativo di riferimento in materia di cessioni all’esportazione previsto dall’articolo 8, primo comma, lettera a), D.P.R. n. 633/1972, che ha implementato in Italia le disposizioni previste dall’articolo 146 della Direttiva 2006/112/EC. Sul punto, L’Agenzia delle Entrate evidenzia come, affinché si configuri una cessione all’esportazione non imponibile agli effetti dell’IVA nei riguardi di un soggetto cliente finale destinatario dei beni al di fuori del territorio dell’Unione europea, è necessario che si verifichino le seguenti condizioni:

  • trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento dei beni;
  • uscita effettiva dei beni dal territorio doganale comunitario;
  • esecuzione del trasporto o della spedizione a “cura o a nome del cedente”.

Al ricorrere delle suddette condizioni, si considerano non imponibili:

  • sia la cessione dei beni trasportati o spediti direttamente in un paese Extra UE da parte di un soggetto passivo IVA stabilito o identificato in Italia (cosiddetta “esportazione diretta”);
  • sia la cessione da parte di un soggetto passivo stabilito o identificato in Italia (primo cedente) ad un altro soggetto nazionale (cessionario promotore della triangolazione) di beni destinati ad un cliente estero (cosiddetta “esportazione triangolare”).

La previsione contenuta nell’art. 8, comma 1, lettera a) del D.P.R. n. 633/1972, è stata oggetto di interpretazione autentica da parte del legislatore attraverso l’introduzione dell’art. 13, comma 1, della legge n. 413/1991[2].

Con la risoluzione 51/E del 1995, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto che l’ampiezza di tale disposizione normativa:

  • consenta la possibilità di emettere la fattura per il trasporto/spedizione nei confronti del cessionario residente in qualità di soggetto passivo che provvede concretamente al pagamento di tale prestazione pur non avendola direttamente commissionata;
  • non consenta l’applicazione del regime di non imponibilità nell’ipotesi in cui, nell’operazione triangolare, il cessionario residente si inserisca, sia pure per motivazioni di carattere economico, nella fase del trasporto o spedizione dei beni all’estero (ad esempio stipula diretta del contratto o affidamento del servizio).

Sul punto è anche intervenuta, con diverse pronunce[3], la Corte di Cassazione, la quale ha statuito che:

  • un’operazione triangolare non presuppone necessariamente che il trasporto dei beni all’estero avvenga “a cura o a nome del cedente”, in quanto lo scopo della norma è più limitatamente quello di evitare operazioni fraudolente, le quali si verificherebbero se il cessionario nazionale potesse autonomamente ­ e cioè al di fuori di un preventivo regolamento contrattuale con il cedente ­ decidere di non esportare i beni ovvero di esportarli in un altro Stato. L’articolo 13 della Legge n. 413/1991, prevede d’altro canto che gli spedizionieri o i trasportatori possano emettere la fattura nei confronti “del cedente o di altri soggetti” e quindi dello stesso cessionario;
  • non sia necessario che la spedizione o il trasporto dei beni avvengano in esecuzione di un contratto concluso direttamente dal cedente o in rappresentanza di quest’ultimo ma, ai fini della configurabilità di una cessione all’esportazione triangolare non imponibile agli effetti dell’IVA, è necessario che l’operazione, fin dalla sua origine e nella sua rappresentazione documentale, sia stata voluta come cessione nazionale in vista di trasporto a cessionario residente all’estero, nel senso che tale destinazione sia riferibile alla comune volontà degli originari contraenti.

In recepimento del suddetto indirizzo giurisprudenziale, con la risoluzione n. 35/E del 2010 l’Amministrazione finanziaria ha chiarito ­ sia pur con riferimento alla distinta fattispecie di cui all’articolo 58 del D.L. 331/1993, disciplinante le operazioni triangolari nazionali con destinazione unionale ­ che, qualora i beni transitassero materialmente dal primo cedente al cessionario nazionale e quest’ultimo ne acquisisse la disponibilità nel territorio dello Stato italiano, la cessione interna tra due operatori nazionali non potrebbe beneficiare del regime di non imponibilità.

Con la citata risoluzione n. 35/E del 2010, alla luce dell’interpretazione (evolutiva) elaborata in sede giurisprudenziale, è stato, altresì, precisato che l’operazione di cessione triangolare può godere del regime di non imponibilità anche nel caso in cui il cessionario stipuli il contratto di trasporto dei beni su mandato ed in nome del cedente. In questo caso il predetto cessionario agirebbe come mero intermediario del cedente senza acquisire mai la disponibilità del bene, nel pieno rispetto della ratio della norma.

In conclusione, la non imponibilità dell’operazione triangolare all’esportazione è sempre da escludere quando il cessionario nazionale (promotore della triangolazione) acquisisca la disponibilità dei beni nel territorio italiano, condizione che non si realizza nelle seguenti casistiche esaminate con documenti di prassi:

  • nell’ipotesi in cui i beni prima della loro spedizione all’estero siano sottoposti da parte del cessionario nazionale a test o collaudi per il controllo della rispondenza del bene (macchinario prodotto) ai requisiti costruttivi richiesti. Tale circostanza non costituisce consegna in Italia, trattandosi di meri fatti tecnici diretti esclusivamente a garantire la qualità ed il funzionamento dei beni prima della loro spedizione (cfr. risoluzione n. 72/ E del 2000);
  • nel caso in cui il primo cedente nazionale invii i beni al proprio cessionario cedente nazionale (promotore della triangolazione) affinché ne esegua l’assemblaggio e certificazione prima di acquistarli ai fini della rivendita al cliente finale extracomunitario (risposta interpello 580 del 2020).

Tanto premesso, l’Agenzia delle Entrate, in relazione all’operazione descritta nell’istanza d’interpello[4], conclude che non può configurare una cessione all’esportazione triangolare o indiretta, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lettera a) del D.P.R. n. 633/1972, in quanto non risulta integrato il requisito del “trasporto a cura e nome del cedente”, nell’accezione individuata dalla normativa come interpretata dalla prassi di riferimento.

Come emerge dalla contrattualista allegata all’istanza di interpello, difatti, la società Alfa (cessionario o promotore della transazione triangolare) si impegna a curare direttamente, per il tramite di vettori incaricati a suo nome e per proprio conto, il trasporto e la spedizione dei beni acquistati presso cedenti italiani, facendosi quindi carico di tutti i rischi di eventuali danni e/o perdite dei beni verificabili durante il trasporto fino alla consegna nel territorio del Paese extra UE di destinazione.

Pertanto, Alfa acquista la disponibilità dei beni, precedentemente acquistati presso fornitori italiani e destinati alla rivendita, nel territorio dello Stato italiano e, conseguentemente, negli schemi contrattuali EP e EP+C, la cessione che intercorre tra la stessa istante e il primo cedente italiano rileverà, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, come cessione di beni nazionale (tra fornitore nazionale e società istante) seguita in ordine cronologico da una cessione all’esportazione diretta (tra società istante e cliente estero).

Nel più complesso schema contrattuale EPC, occorrere invece valutare se la complessa operazione posta in essere in attuazione del predetto negozio contrattuale, in base ai criteri elaborati dalla Corte di Giustizia in materia di operazione composite, sia qualificabile come prestazione dei servizi derivanti da un contratto di appalto avente ad oggetto la realizzazione di un impianto. In tale ultima ipotesi, il trattamento IVA della prestazione di servizi, configurabile come operazione principale (assorbente), si estenderà anche all’operazione ancillare di fornitura di beni.


[1] La problematica fiscale attinente la qualificazione, agli effetti dell’IVA, delle attività complesse poste in essere da ALFA in esecuzione delle due tipologie di schemi contrattuali di cui alle lettere i) ed ii), è stata oggetto di esame con l’istanza interpello n. 956­ XXX/2021 presentata dalla stessa società interpellante. L’Agenzia ha espresso l’avviso che l’attività di “engineering” e l’attività di fornitura dei beni (attività di “procurement”) ­ svolte dalla società istante nell’ambito dei due schemi contrattuali riconducibili a quelli individuati alle lett. i) e ii) dell’elenco ­ hanno una distinta utilità economica, da cui discende un’autonoma rilevanza ai fini IVA. Le attività in questione, devono essere considerate distinte e indipendenti ed assoggettate ciascuna al regime IVA proprio: l’attività di “engineering” quale prestazione di servizio non rilevante ai fini IVA nel territorio dello Stato italiano, in quanto soggetta alle regole di cui all’art.7­quater, comma 1, lett. a) del D.P.R. n. 633/1972; l’attività di “procurement” quale cessione di beni in linea di principio classificabile, sotto il profilo IVA, come cessione di beni all’esportazione, computabile ai fini della formazione del plafond spendibile per l’acquisto e/o importazione di beni e servizi senza imposta, a condizione che si verifichino i requisiti previsti dall’articolo 8, primo comma, lett. a), del D.P.R. n. 633/1972.

[2] Che ha disposto che “ai fini dell’applicazione delle disposizioni contenute nella lettera a) del primo comma dell’articolo 8 (…) le cessioni ivi previste devono intendersi non imponibili (…) a nulla rilevando, per la documentazione della cessione all’esportazione, che i documenti di cui all’articolo 21 del predetto decreto n. 633 del 1972 siano emessi dagli spedizionieri o trasportatori nei confronti dei cedenti o altri soggetti”.

[3] L’Agenzia delle Entrate, tra le numerose altre, ricorda in particolare le Sentenze della Corte di Cassazione n. 5065 del 1998, n. 4098 del 2000, n. 6114 del 2009, n. 6898 del 2011 e n. 13951 del 2011.

[4] Che presenta le seguenti peculiarità:

  • Alfa acquista i beni presso i fornitori italiani;
  • i beni vengono ritirati presso lo stabilimento del fornitore italiano (termini resa EXW) oppure in alternativa il fornitore italiano consegna i beni acquistati da Alfa presso il magazzino del vettore incaricato dalla stessa società istante (termini resa FCA);
  • Alfa tramite propri vettori cura il trasporto dei beni verso la destinazione di arrivo extra UE;
  • il cliente estero acquista i beni dopo che Alfa esegue i test di collaudo nel territorio extra UE.

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