A cura di Francesca Daniela Tironi, Alessia Sveva Spadoni e Sara Tanieli
Il Tribunale di Roma, II Sezione Lavoro,
Il Tribunale di Roma, II Sezione Lavoro, con sentenza emessa a definizione della causa n. 22884/2021 R.G.A.C, ha confermato la legittimità del licenziamento irrogato da una società ad un proprio dipendente per avere quest’ultimo intrattenuto una relazione sentimentale con una propria collega senza segnalare tale circostanza al datore di lavoro, come invece imponevano la policy aziendale e il codice etico vigenti.
I fatti in esame
Con lettera dell’11/5/2021 un lavoratore di una società sita in Roma era stato licenziato per giusta causa, all’esito di un procedimento disciplinare avviato con lettera del 26/4/2021 con cui gli era stato contestato:
- di aver intrattenuto, da febbraio a luglio 2020, una relazione sentimentale con una collega del medesimo gruppo di lavoro, assegnati entrambi alla stessa commessa, senza segnalare tale circostanza al datore di lavoro, come invece imponevano la policy aziendale e il codice etico vigenti.
In particolare, infatti:
- la policy aziendale non vietava in sé l’instaurazione di una relazione sentimentale tra colleghi o l’assunzione di persone legate da un vincolo di parentela, ma, “per garantire che le relazioni personali strette e i rapporti di parentela non creino situazioni in cui membri dello Staff beneficino o soffrano a causa di una relazione personale o parentale dentro o fuori; sorgano questioni di riservatezza, indipendenza e conflitti di interesse, questi ultimi anche solo percepiti; risulti un reale e/o percepito nepotismo e/o favoritismo”, prevedeva che “le persone con stretti rapporti di parentela o relazioni personali tra di loro non possano essere assegnati al medesimo cliente o incarico”;
- il codice etico prevedeva, inter alia, che i dipendenti “sono tenuti ad evitare tutte le situazioni e tutte le attività in cui si possa manifestare un conflitto con gli interessi della Società […]”.
- di aver indotto la collega in questione, ponendola in uno stato di soggezione psicologica, a non riferire al datore di lavoro del proprio stato di gravidanza (invitandola anzi ad interromperla), così da non ostacolare l’avanzamento di carriera della stessa, nonché di averla poi indotta a rassegnare le dimissioni per essere assunta presso una società competitor.
Le circostanze sopra rappresentate erano state apprese dal datore di lavoro del dipendente licenziato tramite segnalazione della stessa collega con cui questi aveva intrattenuto la relazione sentimentale, la quale – in applicazione delle previsioni sul c.d. “whistleblowing – aveva infatti esibito alla Società i messaggi whatsapp comprovanti la relazione stessa e le pressioni psicologiche su di lei esercitate dal dipendente poi licenziato.
Motivazione della decisione
Il Tribunale di Roma ha confermato la legittimità del licenziamento irrogato al dipendente, affermando al riguardo principalmente quanto segue:
- il fatto contestato al lavoratore sussiste sia nella sua materialità che nella sua rilevanza disciplinare, posto che, dalla policy aziendale e dal codice etico resi noti a tutto il personale mediante diversi strumenti (affissione nei locali aziendali, firma per presa visione al momento dell’assunzione e pubblicazione sul sito internet della Società), emergeva chiaramente come le relazioni sentimentali tra colleghi dovessero essere segnalate in modo che il datore di lavoro assumesse le misure necessarie per garantire la serenità dell’ambiente lavorativo (i.e. adibizione dei dipendenti legati da una relazione affettiva in differenti team di lavoro);
- il provvedimento del licenziamento è stata proporzionato rispetto al fatto contestato, avendo il lavoratore, in violazione dei principi di correttezza e buona fede che devono governare il rapporto di lavoro, “volontariamente […] anteposto il proprio interesse personale all’avanzamento di carriera rispetto agli interessi della Società […], celando una situazione di potenziale conflitto di interessi in violazione dell’obbligo di disclosure e compromettendo la serenità sul luogo di lavoro”, anche in ragione delle “pressioni esercitate” dal dipendente sulla collega di “gravità tale da pregiudicare il vincolo fiduciario” con il datore di lavoro.
D’altronde, si ricorda che, ai sensi dell’art. 2087 c.c., il datore di lavoro deve vigilare affinché sul luogo di lavoro non vengano poste in essere condotte lesive della salute psico-fisica dei propri dipendenti, adottando tutte le misure necessarie al fine di garantire un clima sereno.
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